LA MINOR EFFICACIA DEGLI AGRIFARMACI DI SINTESI

Nell’ambito della difesa antiparassitaria delle piante di interesse agrario, sono ormai noti i recenti fenomeni di diminuzione di efficacia dei fungicidi di sintesi.
Le cause sono complesse e in gran parte conseguenza della sempre maggiore specificità dei principi attivi. Al fine di un corretto rispetto dell’equilibrio ecologico, i principi attivi immessi sul mercato negli ultimi decenni sono caratterizzati da un’elevata specificità d’azione, spesso da un punto di vista metabolico definibile come azione “monosito”, che a fronte di una maggiore precisione del target microbico ha come conseguenza quella di favorire una più rapida comparsa di ceppi resistenti.
Se la strada per l’immissione nel mercato degli agrofarmaci sembra definita, sembra quindi anche molto probabile l’aggravarsi nel futuro di fenomeni di resistenza da parte dei funghi parassiti delle piante d’interesse agrario.
Infatti, all’introduzione sul mercato di principi attivi con nuovi meccanismi d’azione (introduzione sempre più difficile sulla base dei criteri imposti nell’UE nei confronti della registrazione degli agrofarmaci) fa seguito inevitabilmente la comparsa di forme di resistenza da parte dei parassiti fungini nell’arco di tempi piuttosto contenuti.

Gli induttori di resistenza

Per superare questo rapporto di causa-effetto di difficile risoluzione con i comuni mezzi della difesa antiparassitaria, una strada alternativa e promettente sembra essere quella basata sulla stimolazione delle naturali resistenze metaboliche presenti nelle piante. Alcuni prodotti forniti alle piante per via fogliare aumentano la capacità di resistenza delle stesse con meccanismi complessi, spesso connessi ad una vera e propria regolazione dell’espressione genica. Questi prodotti sono sia di sintesi (es. Fosetyl Alluminio, Fosfiti e Fosfonati) sia di estrazione da materiale biologico, vegetale e/o microbico.

L’uso dei prodotti cosiddetti induttori di resistenza ha mostrato che è possibile integrare la difesa antiparassitaria convenzionale (integrata o biologica) con prodotti a bassissimo impatto sull’ecosistema, potenziando le capacità intrinseche delle piante alla difesa da attacchi parassitari e diminuendo al contempo l’uso degli agrofarmaci di sintesi.
È possibile, così, ottenere sia una minore pressione selettiva verso ceppi resistenti agli agrofarmaci di sintesi (aumentando parallelamente l’efficacia tecnica in termini cronologici) sia una più bassa incidenza dei residui di agrofarmaci nei prodotti agricoli.
Questa tecnica di difesa innovativa favorisce la costituzione di piante più forti che permettono di affrontare nuove emergenze fitosanitarie con più sicurezza e con un approccio meno invasivo in sede di difesa fitosanitaria del territorio europeo (cfr. distruzione degli oliveti pugliesi colpiti da Xylella Fastidiosa).

Una strada alternativa e promettente sembra essere quella basata sulla stimolazione delle naturali resistenze metaboliche presenti nelle piante

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Una possibile soluzione: l'uso dei biostimolanti

Una possibile strategia in viticoltura può essere quella di stimolare le naturali difese delle piante contro antagonisti; già da tempo è stato osservato come in natura siano presenti sostanze che, se somministrate alle piante per via fogliare o radicale, ne migliorano le risposte sia agli stress ambientali che quelli determinati da malattie.

Un esempio è l’impiego (da decenni) di alghe essiccate come fertilizzante oppure lo sfruttamento di composti proteici di origine vegetale. Tali sostanze sono definite come “biostimolanti” e, per legge, devono esercitare il loro effetto benefico non tramite l’apporto di nutrienti o agendo direttamente sul patogeno ma stimolando le risposte fisiologiche delle piante (o dei semi), migliorando l’efficienza nell’assorbimento ed assimilazione dei nutrienti dal suolo. La peculiarità di tali composti è di avere una forte azione specie-specifica e l’entità dell’effetto benefico è fortemente dipendente dalla specie ove vengono impiegate, dalla varietà e spesso anche dalla modalità (epoca del trattamento, numero di trattamenti e concentrazione).

La richiesta di questi prodotti è sempre maggiore dagli operatori agricoli e, sebbene sia improbabile una totale sostituzione dei comuni fertilizzanti minerali/sostanze antiparassitarie, anche una loro parziale integrazione con le sostanze biostimolanti (e quindi riduzione) permetterebbe di abbassare l’impatto ambientale di alcune pratiche agricole; si deve inoltre considerare che si tratta di sostanze innocue per l’essere umano e quindi non necessitano di particolari accorgimenti durante la fase di somministrazione e non si generano problemi dovuti all’effetto deriva.

Vista l’importanza del tema trattato e vista la selettività di azione è evidente l’importanza di continui studi sulle modalità di applicazione dei biostimolanti e la comprensione del loro meccanismo di azione al fine di fornire agli imprenditori agricoli protocolli affidabili per la gestione efficace di tali sostanze in campo senza compromettere la produzione.